Politica
Reddito di cittadinanza, Massimo Ingiaimo solleva il caso Licata e Gianni Cuperlo gli risponde
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Scritto da
Angelo Augusto
Gianni Cuperlo, uno dei leader nazionali del PD, scrive a Massimo Ingiaimo, già segretario licatese del partito, per ringraziarlo di una lettera che gli ha inviato per sottolineare la questione lavoro in Sicilia.
Ecco la lettera di Ingiaimo: “Caro Gianni,
La risposta che ci si aspetta è: lavoro! Invece la risposta ricevuta è stata: dipende… da che lavoro! Dopo avere propagandato per mesi il reddito di cittadinanza come la misura che aboliva la povertà, quali gli effetti nella regione con meno occupati d’Italia? Le stime dicono che in Sicilia tra disoccupati e inattivi sono senza lavoro un milione e novecentomila persone. Il presidente dell’Inps, Tridico, di recente ha reso noti i dati dell’isola sul reddito di cittadinanza: sono arrivate 251.993 domande, 19.555 sono ancora in fase di istruttoria, 57.085 sono già state respinte per mancanza di requisiti, e 175.353 sono quelle accolte.
I beneficiari del reddito – aggiunge Ingiaimo – in rapporto alla stima dei senza lavoro dice già tanto, ma come si traducono questi numeri nell’economia reale? Gli imprenditori denunciano l’impossibilità di trovare lavoratori stagionali nel settore turistico, nell’agricoltura e anche nell’edilizia. Si assiste inoltre al verificarsi di un doppio fenomeno, effetto della misura per come è stata concepita. Da un lato le imprese non sono spinte, nonostante la carenza di personale, a offrire contratti a tempo indeterminato perché l’economia regionale rallenta e anzi il numero dei mesi lavorati diminuisce ancora rispetto al passato. Il che solleva il capitolo enorme di una economia ferma sulle gambe (la crescita nazionale prevista per quest’anno è il famoso 0,1 per cento). Ma come noto, senza crescita non c’è lavoro. Dall’altro lato – scrive ancora Massimo Ingiaimo -i lavoratori preferiscono rinunciare ai contratti regolari ma stagionali (pochi mesi) o precari, per mantenere il diritto al reddito di cittadinanza. In questo senso emblematico è il caso del Comune di Licata, non una impresa privata ma un Ente locale, che riesce a ottenere dalla regione un finanziamento di 240.000 euro per avviare 6 “cantieri di servizio”, con la possibilità di occupare 106 operai per tre mesi nella pulizia, custodia, scerbatura di diverse aree comunali. L’obiettivo dichiarato dagli amministratori era quello di dare un po’ di ossigeno ai senza lavoro in una città che è in testa alle classifiche dell’emigrazione. Il risultato, però, è sorprendente perché riescono a coprire solo 39 posti. Il motivo? 36 aventi diritto hanno rinunciato, quasi tutti dichiarando di non volere perdere il reddito di cittadinanza, il resto sono stati esclusi per mancanza dei requisiti. Evidentemente c’è materiale per riflettere sulle politiche del lavoro nel mezzogiorno. Va bene una misura che combatte la povertà, ma se produce anche questi effetti vuol dire che la misura è concepita male o che il lavoro offerto è un lavoro “cattivo”. O che sono vere entrambe le cose. Oltre alla lotta alla povertà occorre tornare a battersi per la qualità e la dignità del lavoro, occorre creare le condizioni per un’occupazione che consenta la stabilità economica delle famiglie”.
Ed ecco la risposta di Gianni Cuperlo ad Ingiaimo: “Grazie a Massimo Ingiaimo, amico e compagno prezioso per la lettera che mi ha inviato su un tema centrale e che metto qui sotto pensando possa aiutare a discutere. Quanto al governo e al dibattito nella maggioranza, com’era quella cosa della tragedia e della farsa?”.