Storie
Il Fondo Antico pubblica documenti del 1843: si riapre la disputa sul sito dell’antica Gela?
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Scritto da
Angelo Augusto
Il ritrovamento, al Fondo Librario Antico di Licata, diretto da Angelo Mazzerbo, di documenti che risalgono a 177 anni fa, riapre la disputa (probabilmente mai del tutto risolta) sulla vera localizzazione dell’antica Gela? Era dove attualmente c’è la città moderna, o piuttosto si poteva individuarla dove ha sede l’attuale Licata?
Il Fondo Librario Antico stasera ha pubblicato una relazione archeologica datata 1843, relativa a reperti archeologici e ad un’opera idraulica sulla Montagna di Licata, solo simile alla Grangela.
“La nostra “intelligence” culturale – scrive il Fondo su Facebook – ha intercettato una comunicazione intercorsa tra l’Intendente della provincia Agrigento, Silvio Speciale di S.Andrea e il sindaco di Licata, Desiderio Platamone. L’Intendente, con una missiva del 6 febbraio, chiede al sindaco di Licata notizie sulle rovine dell’antica città di Gela. Il sindaco risponde prontamente 8 giorni dopo, fornendo una descrizione archeologica del territorio… Siamo nel 1843…”.
Ecco la trascrizione integrale dei documenti:
“GIRGENTI, 6 FEBBRARO 1843
Per le rovine di Gela.
“Signore, la prego di farmi sollecitamente sapere quale sia la distanza da codesta comune alle rovine di Gela, e qual sia di essa propriamente la pertura.
L’intendente
Silvio Speciale di S. Andrea
Licata lì, 14 Febbraro 1843
Signore,
Io non so a quali ruine di Gela il suo venerabile foglio del 6 andante si rivolge volendone conoscere la distanzia da questo comune e l’apertura; mentre da Diodoro sorge che l’antica Gela fu distrutta da Finzia sin dalle fondamenta. Da questo totale annientamento segue attestare l’esistenza di città antiche. Però in questi dintorni, i vasi, le monete, taluni pavimenti, parecchie cave e sepolcreti, e lapidi e colonnette con iscrizioni greco-doriche, accertano che Gela un tempo ingombrava parte di questa lunga montagna, al di cui piede scorre il fiume Salso, un tempo Imera o Gela. Non esistendo ammassi o rottami di antichi fabricati, io non posso indicarne né la distanza, né il varco che potesse servire d’introduzione. Solo nell’alto della montagna si vedono alcune fabbriche e fondamenti e roccie incavate che sembrano avanzi di vecchia fortezza e che da tempo immemorabile addimandasi la Gran Gela, come attesta Pizolanti; e nella spiaggia che sottostà a tali avanzi, si veggono delle pietre quadrate quasi consunte dalla vetustà. Oltrecciò esiste un incavo sotterraneo entro la città nei casamenti di Ingiaimo, della profondità di palmi 78. Il lume vi s’introduce dalla sinistra in siffatto modo, che rischiara li scalini sino al profondo, ove si mirano quattro vasche, nelle quali affluiscono le acque di una sorgente nelle viscere della montagna”.