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Chiesa cattolica ecumenica di Cristo: “Con l’Avvento riscopriamo la nostra umanità”
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Scritto da
Redazione
La Chiesa cattolica ecumenica di Cristo oggi, in occasione della prima domenica di Avvento, con l’arcivescovo Agostino De Caro, ha diffuso il messaggio sul “Tempo santo di Avvento”.
Ecco il testo del messaggio:
“Sorelle e fratelli in Cristo, il Signore vi dia pace;
Ancora una volta il Padre, misericordioso e buono, ci dona la possibilità di vivere il tempo santo dell’attesa, il tempo nel quale è necessario mettersi in cammino, uscendo dalle proprie “confort zone” per andare verso il luogo e il tempo di un incontro.
Stiamo vivendo tempi spaventosi e tristi, nei quali sembra che il mondo stia correndo inesorabilmente verso l’oblio, verso l’impero della violenza, dell’odio, della guerra. In questo terreno asperrimo, noi cristiani siamo chiamati ad essere testimoni di speranza.
Ma per poter fare tutto ciò è necessario prima interrogarsi e soprattutto trovare risposta ad alcune domande che ci consentiranno di intraprendere questo viaggio.
Che cosa significano per me l’Avvento e il Natale? Cosa dice alla mia vita un itinerario spirituale come quello che mi propone la Chiesa in questo tempo e come esso si può incarnare nel contesto che stiamo vivendo? Come posso coniugare l’Avvento e il Natale senza che essi rimangano chiacchiere esteriori mentre il mondo vive guerre, soprusi e violenze di ogni genere? Sono soltanto belle promesse che ogni anno ascoltiamo e poi non cambia nulla? Perché il mondo non cambia? Perché sembra che a volte la situazione peggiori sempre più? Sono solo pie consolazioni da credenti le nostre, siamo solo degli illusi?
A questi quesiti posso rispondere solo se affronto la mia verità, se entro in me stesso e nel silenzio faccio spazio a queste domande senza paura, senza retorica e soprattutto se le incarno, perché non vi è vero cristianesimo, non vi è vera fede cristiana se questa non è incarnata.
Devo trovare una risposta, perché questo tempo diventi per me un tempo benedetto. Il cammino dell’Avvento, che apre il nuovo anno liturgico, è un cammino di speranza come annuncio/celebrazione, esperienza viva di un incontro, di una Presenza.
Sin dal suo primo vagito, questo Avvento ci invita a “fare attenzione, a vegliare”, sì perché attendere e attenzione sono le due coordinate dell’Avvento. Il cristiano è il contrario di chi non ha più niente da attendere, di chi non si aspetta più niente dalla vita e si lascia trasportare inerme da questo mare tempestoso nel quale oggi ci troviamo.
La stessa attesa non è convenzionalmente concepita: non è statica, ma deve necessariamente spingerci “verso”, verso Qualcuno, e allora questa attesa si veste di presenza e soprattutto di speranza. Proprio questa virtù teologale è la chiave che spalanca al mistero dell’Avvento e lo riassume.
L’attesa che si fa cammino nonostante le sconfitte, le prove, le malattie, le guerre e le disumanità. Abbiamo bisogno oggi più che mai di speranza, per affrontare con fiducia il tempo presente così difficile che stiamo vivendo a livello personale, sociale ed ecclesiale, e superare così scoraggiamenti, paure e nostalgie inutili.
Maria, la donna dell’Avvento, ci accompagna in questo cammino di fede e di speranza: nessuno come lei ha vissuto nella fede e nella speranza l’apertura alla novità di Dio; nessuno come lei si è aperto alla presenza di Dio nella storia; nessuno come lei ha collaborato responsabilmente e in prima persona alla costruzione della speranza degli uomini. Nessuno come Lei ha saputo incarnare la speranza rendendola persona.
Soprattutto nel tempo di Avvento, che è il vero periodo Mariano, Maria è presente nella celebrazione, svolge la sua intercessione materna, risplende come segno di consolazione e di sicura speranza, si consegna a noi come modello di vigilanza, pazienza, obbedienza, gioia e abbandono in Dio.
In questo anno mi piacerebbe che ognuna e ognuno di noi riscoprisse la propria umanità, riscoprisse il valore inestimabile dell’umanità tutta nonostante le ferite e le piaghe che la annichiliscono. D’altra parte poi, cosa è l’Avvento se non il tempo dell’umanità in cammino verso la sua pienezza e di un Dio in cammino verso l’incarnazione?
Se vogliamo fare questo viaggio verso Bethlemme per trovare Dio, non possiamo prescindere dall’attraversare la nostra e altrui umanità perché solo dove c’è pienezza di umanità c’è Dio.
Ecco allora il nostro Avvento, ecco allora l’incontro con Cristo che viene per realizzare il suo progetto di umanità. Solo accogliendo l’umanità di Cristo possiamo accettare la nostra e viverla con pienezza. Siamo opera delle mani di Dio, siamo come argilla in mano al vasaio e questo non ci toglie dignità o libertà, ma ci restituisce la gioia di quelle mani calde e amorevoli con le quali Dio ci plasma, forgia.
Andiamo verso quella grotta per immergerci nel mistero, andiamo per cercare Dio e vi troveremo la fragilità di un bimbo, di una fanciulla e del suo bellissimo e innamorato sposo, proprio in quella fragilità scopriremo la gloria di Dio onnipotente. Così anche nelle nostre fragilità, povertà, in una chiesa apparentemente sconfitta, in una chiesa svuotata, in una società ammalata, violenta, ipocrita, in un mondo lacerato e distrutto; scopriremo la gloria di quel Dio che ci ama con tenerezza.
L’Avvento risuona di “Maranathà”, lo ripeteremo ogni giorno, ma a questo speranzoso e anelante “vieni Signore, Gesù”, vi invito ad affiancare un deciso e risoluto “eccomi, io vengo, Signore Gesù”.
Buon cammino, e nel cammino sappiate fermarvi per alleviare sofferenze, incoraggiare sfiduciati, alleggerire pesi, sostenere, curare, farvi prossimo, asciugare lacrime e, non abbiate paura di piangere voi stessi, di chiedere aiuto e soprattutto, non arrivate a Betlemme vestiti e puliti, ma sporchi di umanità, odorando di umanità, con le mani di chi ha toccato la povertà e solo così, nella grotta, in una mangiatoia, nel vagito fragile di un bambino troverete Dio e saprete riconoscerlo”.
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