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Agricoltura, Chianta: “Salviamo i piccoli produttori, per salvare il territorio che ci nutre”
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Scritto da
Redazione
“Salvare i piccoli agricoltori significa salvare un sistema che ha mantenuto i territori, sfamato i concittadini, aiutato l’economia locale per millenni. Il resto è solo business”.
Lo dice Giovanni Chianta, imprenditore agricolo licatese, facendo un’analisi sull’attuale situazione del settore.
“Chi fa agricoltura – scrive Chianta – non fa impresa ma deve fare un’impresa. Gli agricoltori hanno rischi per l’impresa imparagonabili per qualsiasi altra attività. Bastano pochi minuti di maltempo per distruggere il lavoro di mesi o perfino di una vita. Se il tempo sarà stato clemente dovrà lottare con centinaia di fitopatie/virus e se sarà riuscito a vincere questa battaglia dovrà imbattersi con un sistema di commercializzazione e distribuzione che prevede il suo sfruttamento a vantaggio altrui.
Per queste ragioni, è impensabile voler paragonare, un’azienda agricola, con altre attività per innumerevoli ragioni”.
“Cito solo la più importante: coltiviamo il cibo – aggiunge il produttore licatese – che sarà nutrimento per gli esseri viventi, quel cibo che farà sopravvivere gli esseri viventi. Utilizzare i termini “azienda” e “produrre” è già improprio sia per il valore sociale dell’attività sia per l’arte che serve nel saper coltivare cibo di qualità. Arrivo a dire che, in un mondo normale, dovrebbero esser i governi a farsi carico delle spese degli agricoltori. Perchè, chi si sveglia la mattina e lavora, 15 ore al giorno, sotto serre con 50 gradi, con il gelo, sotto un temporale o tra raffiche a 100 km/orari ha già fin troppi pensieri e problemi”.
Secondo Giovanni Chianta “chi governa, soprattutto in Ue, ha voluto industrializzare la produzione del cibo. Lasciando ogni rischio alle imprese come se producessimo Smartphone usa e getta. I costi di produzione europei sono insostenibili per le attività agricole. I contributi europei arrivano alle grandi imprese che hanno accettato l’industrializzazione dell’agricoltura. Un gioco di carte, in cambio di soldi, per sottostare alle direttive europee. In tutto questo discorso dove sta la sovranità alimentare? Quella sovranità alimentare che dovrebbe mettere al centro il piccolo agricoltore locale. Siamo andati proprio nella direzione opposta”.
“Di questo passo, la nostra agricoltura – conclude il licatese – sarà sostituita definitivamente dalle agricolture dei Paesi emergenti. Lì, andremo a delocalizzare per chi avrà la possibilità. Gli altri lavoreranno per le multinazionali che produrranno, anche cibo, in Ue. È questo che vogliamo?”
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