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Crisi idrica in agricoltura, Giovanni Chianta: “La Sicilia deve investire in dighe, non solo nei dissalatori”
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Scritto da
Redazione
“A Licata, si sta parlando molto di dissalatori marini ma, a mio avviso, soprattutto per uso agricolo c’è davvero pochissima informazione tra i produttori agricoli sul loro funzionamento ed i costi in agricoltura. Credo sia il caso di fornire alcune spiegazioni”.
Lo scrive in una nota Giovanni Chianta leader del gruppo “Coltivazione in serra, tunnel e campo aperto”.
“Innanzitutto, partirei dallo spiegare – aggiunge Chianta – come funziona l’osmosi inversa. Il solvente a maggior concentrazione di soluti, nel nostro caso l’acqua salata, viene spinto attraverso la membrana semipermeabile fino a raggiungere il solvente a minor concentrazione di soluti. Non si tratta di un processo spontaneo. Più l’acqua è salata più energia verrà consumata. Per l’acqua del mare i valori gravitano tra 1.56 kWh e 4 kWh per 1 m³ di acqua. A Livello globale desalinizzare l’acqua del mare ha un costo medio di 1 dollaro per 1 metro cubo. In Italia, in considerazione degli attuali costi energetici la cifra non sarebbe inferiore ai 2€ al metro cubo”.
“Su questo costo incide notevolmente – sono, ancora, le parole di Chianta -anche lo smaltimento della salamoia. Infatti, nel processo di dissalazione per osmosi inversa, oltre all’acqua dolce si ottiene un prodotto di scarto, una salamoia, che è data dalla percentuale di acqua salata che non passa attraverso la membrana semipermeabile, e che ha una concentrazione di sali molto elevata. Si calcola che, a livello globale, ogni giorno, vengono prodotti più di 100 milioni/m³ di acqua dolce da dissalatori e circa 142 milioni/m³ di salamoia. Un problema sia per i costi di smaltimento che ricadono sull’utente, sia domestico che agricolo, sia per l’inquinamento e non è fattore secondario”.
“Detto questo, vorrei sottoporre ai cittadini licatesi e agli agricoltori – aggiunge Giovanni Chianta – licatesi un ragionamento. In Sicilia, i cumuli annui di pioggia, mediamente, si aggirano intorno ai 20 miliardi di metri cubi. In un anno così siccitoso, come il 2023, sono caduti 15 miliardi di metri cubi sulla Sicilia. Il fabbisogno annuo dei siciliani è pari a 3,5 miliardi di metri cubi sia per uso domestico che irriguo. Ciò vuol dire che se riuscissimo a contenere anche solo il 15% dell’acqua piovana non ci sarebbe più un problema siccità in Sicilia. C’è un’emergenza perchè è stata creata dalla politica negli ultimi 50 anni. Perchè non abbiamo investito in strutture ed infrastrutture né tantomeno nella loro manutenzione. Le dighe davvero funzionanti sono pochissime e le reti sono un colabrodo disperdendo il 60% di quel poco che viene contenuto che è appena il 5%. I dissalatori non sono la soluzione al problema ma un’integrazione al sistema di approvvigionamento idrico da pozzi, dighe ed invasi. Chi crede che le aziende agricole siciliane possano essere competitive, utilizzando solo l’acqua dissalata, non ha ben chiaro alcuni concetti base sopra descritti. A Licata sta passando questo messaggio errato. La Sicilia deve investire nelle dighe, negli invasi, nei pozzi e soprattutto nelle reti idriche per l’approvvigionamento, il contenimento e la canalizzazione delle acque. Deve investire pure nei dissalatori soprattutto per le utenze domestiche. In agricoltura i dissalatori servono ad integrare le acque piovane o reflue in caso di persistente siccità”.
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