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“Dramma suicidi”, un giovane racconta la propria esperienza: “Il silenzio fa male, impariamo ad ascoltare”
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Scritto da
Redazione
Dopo l’appello di don Pino Agozzino, che è intervenuto su quello che abbiamo definito il “dramma suicidi” a Licata, sono state tante le prese di posizione. In tanti si sono detti pronti a fare qualcosa.
Alla posta di Qui Licata è arrivata, nel pomeriggio di oggi, la lettera di un giovane, che si firma “Uno dei tanti”, quindi preferisce rimanere anonimo, ma ci tiene a raccontare la propria esperienza. La pubblichiamo, volentieri, qui sotto:
“Lettera a cuore Aperto
Non so se può servire ma mi sento di scrivervelo. Sono L. un ragazzo di Licata, agli occhi di tanti uno qualunque, un normale ragazzo, un amico per altri, un figlio per i miei genitori. Convivo con la depressione che mi accompagna da quasi 2 decenni ormai. Qualche volta, vi assicuro, mi sembra di sprofondare in un vortice talmente buio che non riesco a vederne la fine né spaziale né temporale.
I fatti accaduti recentemente nel nostro paese mi hanno scosso, non poco, perchè quando vivi in questo perenne stato di ansia e di vuoto i cattivi pensieri fanno parte della quotidianità. Quello che mi ha salvato fino ad oggi è l’amore che la mia famiglia non mi ha fatto mai mancare, non potrei mai dare loro un dispiacere ed un dolore così grande da sopportare. Da qualche mese sono in terapia, e si mi sta aiutando, ma il senso di solitudine che mi accompagna non accenna ad andar via.
Ho visto nel vostro Tg l’intervento di Don Pino Agozzino, nelle sue parole ho trovato tanta verità e anche conforto in un certo senso, mentre in alcuni commenti sotto il post un po’ di cattiveria.
C’è chi ha scritto che “queste sono cose inevitabili e che non ci si può fare niente” e questa nel mio modo di vedere è solo cattiveria gratuita. Non potete immaginare quante volte mi sarebbe piaciuto poter gridare aiuto al mondo, trovare qualcuno come me, per confrontarmi, per confortarmi, ma purtroppo in questo paese la paura di essere giudicati, additati come diversi, malati, ci costringe a tacere, quasi a nasconderci.
Sono tante le cose che si potrebbero fare, tempo fa riuscii a partecipare ad un gruppo anonimo, dove ognuno era libero di raccontare, parlare, piangere, sfogarsi alla presenza di una persona competente nel campo, che ci assisteva durante le sedute, ed era tutto anonimo e gratuito, perchè credetemi non tutti possono permettersi in questo periodo le sedute dallo psichiatra o dallo psicoterapeuta. Ho letto pure da altri che parlarne potrebbe peggiorare le cose, invece a me quello che fa male è il silenzio e il dovermi nascondere dietro una maschera di finti sorrisi. Licata sta vivendo un periodo davvero buio, dove tossicodipendenza dovuta al dilagante commercio di droga, ansia sociale e malessere giovanile ormai fanno da padrone, e come comunità dovremmo davvero tutti insieme trovare una soluzione, rimboccarci le maniche e darci da fare.
Firmato
Uno dei tanti”
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