“A differenza del 2021, in cui il tasso di crescita delle imprese in provincia era perfettamente in linea con il tasso medio nazionale, il 2022 registra una frenata che evidenzia un territorio in forte affanno, con un saldo negativo fra iscrizioni e cessazioni, a dir poco preoccupante”.
Lo rileva Confcommercio Agrigento.
“Possiamo asserire che dal 2021, anno positivo nonostante la pandemia, siamo passati al 2022 senza alcuna crescita, rispetto al dato delle aziende registrate in CCIAA. – dichiara Giuseppe Caruana, presidente provinciale di Confcommercio Agrigento -. Molte aziende vivono un complesso e faticoso percorso di resistenza e stanno facendo di tutto per provare a venire fuori da una spirale negativa. I dati del 2021 facevano auspicare ad un 2022 decisivo per la ripartenza ma così, purtroppo, non è stato”.
“Dai dati di Unioncamere, si evince – aggiunge Confcommercio – che in provincia di Agrigento al 2022 sono presenti complessivamente 41.223 imprese, con un saldo negativo di 72 rispetto all’anno precedente. Tali imprese hanno occupati pari a 84.041 (di cui 15.296 nei settori agricolo, pesca e silvicoltura), registrando quindi un sostanziale passo avanti rispetto al 2021, quando gli occupati erano 79.440 (di cui circa 13 mila addetti in agricoltura, pesca e silvicoltura). Ritornando ai dati del 2022, si evidenzia che ben il 42% degli occupati si concentrano nei settori della ristorazione (2.284 aziende e 6.479 occupati), del commercio al dettaglio (6904 aziende e 13.270 occupati) e all’ingrosso (2.375 aziende e 5.199 occupati), per entrambi escluso il settore del commercio degli autoveicoli ed infine, e soprattutto, il settore delle costruzioni con 19.390 occupati. Le imprese di costruzioni attualmente presenti in provincia sono 5.556, oggi più che mai da attenzionare, in dipendenza delle ultime scelte fatte dal Governo centrale”.
“Relativamente ai medi centri, solo Sciacca e Favara hanno registrato un saldo positivo, a differenza di Agrigento, Canicattì e Licata che chiudono l’anno in negativo. In questi 5 comuni si concentrano – scrive ancora Confcommercio – il 47% delle aziende della provincia che danno lavoro al 53% degli occupati. Da questo dato distributivo si evidenzia anche il dato di una crisi ancor più intensa per i tanti comuni agrigentini che stanno vivendo una fase di vera e propria desertificazione sociale e produttiva. Questa non entusiasmante lettura è avvalorata dal fatto che ben 31 comuni agrigentini potranno beneficiare del “Fondo di sostegno ai comuni marginali” particolarmente colpiti dal fenomeno dello spopolamento e per i quali si sono riscontrati rilevanti carenze di attrattività, anche per la ridotta offerta di servizi alle attività economiche”.
Secondo l’organizzazione di categoria “nel 2021 vi erano settori che, nonostante la pandemia e la crisi che ne conseguì e nonostante tutte le limitazioni che ci sono state, hanno resistito e hanno mantenuto la propria posizione nel mercato. Il 2022, invece, è stato per le imprese un anno tremendo: il conflitto russo-ucraino, l’aumento del prezzo delle materie prime, dei trasporti, del carburante così come l’aumento del costo dell’energia e un rapporto con le banche praticamente inesistente, se non conflittuale, con tutto quello che ne deriva, hanno contribuito alla chiusura di circa 1.900 imprese in provincia, registrando un aumento di cessazioni del 20% rispetto all’anno precedente. Come associazione di rappresentanza datoriale del terziario, abbiamo il dovere di evidenziare la situazione scoraggiante nella quale sono costrette ad operare migliaia di aziende agrigentine, senza dimenticare un tema molto particolare e sul quale serve con urgenza intervenire, ovvero lo snellimento della odiosa, onnipresente ed ostacolante burocrazia”.
“È inconfutabile che se non si trovano misure e azioni di sostegno reali, concrete e soprattutto immediate – aggiunge ancora Giuseppe Caruana – la capacità di <resistenza> viene meno e si ci ritrova in una situazione rovinosa, per ogni singolo settore del terziario, del turismo e dei servizi, senza alcuna distinzione fra chi ha accusato massicciamente il colpo e chi ancora oggi, con sofferenza e abnegazione, continua ancora a resistere”. Ma per quanto tempo si potrà resistere?”.
A proposito del capoluogo di provincia, Caruana rileva che “negli ultimi 10 anni più della metà delle attività commerciali insediate nel centro storico ha dovuto chiudere i battenti e le cause sono diverse, ma senza ombra di dubbio l’assenza di una programmazione lungimirante ha causato la dispersione che è sotto gli occhi di tutti. Spegnendosi le insegne nei centri storici si spengono inevitabilmente la luce che illumina la città”.
(Nella foto Giuseppe Caruana)
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