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Acqua del rubinetto

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Acqua, Titano scrive al neo commissario dell’Ati Idrico: “Faccia tutte le verifiche del caso”

Il coordinamento Titano, che da tempo si batte affinchè la gestione dell’acqua sia pubblica, scrive alla neo commissaria regionale dell’Ati Idrico Ag 9.

“Il rischio che ella potrà correre, tra i primi, è quello – si legge nella lettera – di avallare o approvare atti che appagherebbero i desideri di intere comunità, ma che non sono sostenuti dai requisiti di legge necessari, così come ribadito nella nota dell’assessore Pierobon. Parliamo della richiesta di avvalersi dell’art. 147 comma 2bis, che vede tanti richiedenti farsi avanti, ma molti in assenza dei requisiti richiesti, ovvero:

  • dati misurati di quantitativi di acqua prelevata e dati di acqua fatturata
  • corretta gestione delle reti fognarie
  • gestione ottimale degli impianti di depurazione
  • misuratori di portata in entrata e in uscita dai depuratori
  • corretti quantitativi di fanghi estratti e correttamente conferiti
  • piani tariffari in linea con le delibere Arera che ne disciplinino le articolazioni”.

“Si ribadisce la necessita – aggiunge Titano – che essi siano posseduti al momento del riconoscimento e non dopo, in quanto tale ulteriore dilazione non è contemplata da nessuna norma di legge. Sono stati effettuati tutti questi controlli e queste verifiche prima di immaginare di concedere il 147 comma 2 bis? Noi crediamo di no. Questo significa che, potenzialmente, potremmo avere realtà comunali che stanno inquinando l’Ambiente e la falda a tutto spiano, con tutte le conseguenze che ciò comporta”.

“Inoltre, il Dlgv 133 e la successiva legge 164 del 2014 sanciscono perentoriamente che la gestione deve essere in totale regime di unicità. Quanto detto contrasta anche con i criteri di affidamento, scelti dall’Ati, di prevedere nello studio di revisione del Piano d’Ambito anche più di un Gestore. Se così venisse redatto il Piano, dopo, si proporrebbe all’assemblea di deliberare su un atto non conforme alla normativa. Le chiediamo, inoltre, di valutare bene quanto previsto dal comma 6 del decreto 590/GAB del 9 settembre u.s. della sua nomina, che rimanda la consegna della gestione del Servizio (o parte di esso) alla nascita dell’Azienda Speciale Consortile, e non subito, in favore dell’attuale gestione commissariale, come noi pensiamo. I comuni facenti parte di un consorzio che subiscono i disservizi dell’attuale gestione, si vedrebbero accollate ulteriori spese di funzionamento non giustificate ne giustificabili, da parte di enti tenuti in vita in aperto contrasto con le prescrizioni di legge, procurando danni erariali alle casse del proprio comune. A chi chiedere il rimborso di tali costi? All’Ati, che cosi aveva deciso nell’incontro avuto con il consiglio di Amministrazione del Consorzio Tre Sorgenti? Oppure alla Regione che ne ribadisce i tempi nella delibera testè citata? Aggiungiamo che, cosi come riportato nella nota assessoriale, spetta all’Ati (ed oggi al Commissario), la verifica dell’effettiva sostenibilità delle gestioni autonome esistenti, da dimostrarsi in concreto e non per mera affermazione di fatto”.

“I Comuni interessati – conclude Titano – devono essere in grado di dimostrare, al momento dell’accertamento, di possedere i requisiti per la salvaguardia, e soprattutto provare che la tariffa copre i costi del servizio, della gestione, degli investimenti ed i costi ambientali della risorsa (art.9 direttiva 2000/60/CE e art. 119 e 154 del D.Lgs 152/06). In assenza di tali essenziali presupposti, non si ravvedono ipotesi di continuità delle gestioni esistenti non ancora trasferite al gestore Unico del SII. Riteniamo utile evidenziare che, laddove l’Ati non possedesse le competenze necessarie per verificare il corretto funzionamento dei depuratori, (cosi come accaduto in passato), potrà avvalersi degli uffici e dei tecnici dell’Arpa territoriale o regionale che già svolgono i suddetti controlli, in alternativa dovrebbe essere ancora in vigenza una convenzione tra la nostra Ati e la facoltà di ingegneria dell’Università di Palermo. Ci è incomprensibile immaginare come si sia potuta avallare in via preliminare l’esistenza di un uso efficiente della risorsa idrica quando la maggior parte dei comuni ai quali è stata concessa la gestione autonoma è oggetto di infrazione comunitaria per la non corretta depurazione, e per l’assenza totale o parziale dei registri di carico e scarico dei fanghi estratti e conferiti. Oppure ancora, come abbiano potuto tutelare il corpo idrico alcuni comuni in assenza di adeguati contatori alle fonti e alle utenze”.

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