Storie
La torre di Falconara nel 1615 era dei licatesi, ma i Giurati di Butera riuscirono a cacciarli
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Scritto da
Angelo Augusto
C’è stato un tempo in cui la torre di Falconara, che poi diventò il castello che è arrivato fino ai nostri giorni, in territorio di Butera ma che i licatesi hanno sempre sentito come propria, veniva contesa tra licatesi e buteresi.
La scoperta, che ha dello straordinario, è stata fatta dal Fondo Librario Antico di Licata, diretto da Angelo Mazzerbo, uno dei 28 archivisti esperti della Sicilia, che negli ultimi anni tra l’altro ha ricevuto encomi dalle università inglesi e statunitensi.
Tra le carte del Fondo Antico, Mazzerbo ha trovato questa storia che risale al 1615. L’incartamento attesta che il 3 febbraio di quell’anno i buteresi presero letteralmente d’assalto la torre di Falconara, e cacciarono i licatesi che ne avevano la custodia.
“Per svolgere questo (secondo noi bellissimo) lavoro, oltre alla adeguata preparazione professionale, bisogna avere – si legge sul post del Fondo Antico – anche una buona dose di fortuna, perché tra centinaia di migliaia di carte, sistemate alla rinfusa, (alcune erano anche stipate all’interno dei sacchi neri dell’immondizia) sbiadite, macchiate e quasi indecifrabili, possono venir fuori “storie di carta” veramente interessanti… La storia di carta di questa settimana è stata recuperata pochi giorni fa… Il documento è stato decifrato con non poca difficoltà; il colpo di fortuna è stato quello di trovare, oltre al contenuto della lettera, dopo un paio di giorni, anche il mandato di pagamento del corriere che l’ha recapitata personalmente a Palermo, con la relativa causale…..”
La lettera, datata 3 febbraio 1615, è firmata dai giurati licatesi: “( Paolo D’Avila, Marco D’Averna – scrive il Fondo – e Don Cesare Caetano) scrivono al Viceré e Capitano Generale della Sicilia, Don Pedro Téllez Girón y Velasco Guzmán y Tovar, III duca di Osuna, che alle ore 10 del 2 febbraio 1615, i giurati della Città di Butera accompagnati da molte altre persone, su preciso ordine del principe di Butera, assaltarono con pietre e altri “ingegni” la Torre di Falconara custodita dalle guardie della città di Licata facendole fuggire, intimando ai giurati Licatesi che se fossero stati ritrovati a guardia della torre, sarebbero stati condotti nelle carceri del castello di Pietraperzia”.
Questa, nella lingua di quel tempo, la trascrizione integrale del documento: “…Heri che foro li deci del presente mese ni vinniru li guardiani dila turri della falcunara sita nella marina di questa citta suddetta alla giuridictione delli capitani d’armi et giurati della licata quali ni referero che aviano venuto in detta turri certi giorati di butera con diversi genti con aver portato con essi pietri per dirropari la porta di detta turri et pigliar detti guardiani vollero farli fugire il che apparendoci a noi cosa strana mandamo a nostro sergento magiore sopra il loco avuto tal fatto di avendo arrivato nostro sergento magiore delli giurati di butera con certi altri genti
domandato si quello che faciano lo faciano per ordine di vostra eccellentia ci resposi detto giurato che non lo faccia per ordine di vostra eccellentia ma per ordine del suo prencipe poiche non vuoli che in detta Guardia ci stiano guardiani mandati dalla licata sia sempre et anticamente fatto et che tenia ordinatione che a tutti quelli guardiani che li detti giurati et capitani d’arme li avessero mandato che li avessero preso et attaccato et mandato carcerati nelli carceri di petra pertia ne noi non avemo volluto mancare di levar detti guardiani ma sta in la nostra antica giuriddittioni et del tutto ni abbiamo preso le informationi quali completi si manderanno a V. E. non lassando dire che il fine di questa non essaltro senso per tenerci guardii a gusto di detti giurati potendo incorriri alcun danno con li nostri guardiani non ponno succedere neanco …. il territorio di S. M. et di V. E. tenendovi guardii di montagnia che non sanno ne canosceno vascelli o altra cosa conforme, sono li nostri guardiano pratici et di tutto ….. stanno aspettando ordinatione di V. E. di quello abbiamo da fare per fine li facciamo reverentia et umilmente bagiamo a vostra eccellentia li eccellentissimi mani pregandolo dal Celo
ogni aug.. di stato. della licata il di 3 di febbraro 1615
Illustrissimo et Eccellentissimo Signore
di V. E. Umili Servitori
Paolo D’Avila J(urato)
Marco Daverna J(urato)
Don Cesare Caetano J(urato)
Illustrissimo et eccellentissimo Duca di Ossono Viceré et Capitano Generale per sua maestà in questo regno di Sicilia”.
Il 20 febbraio del 1615 “I Giurati (amministratori) licatesi ( Paolo D’Avila, Marco D”Averna, Giuseppe Lucchesi e Don Cesare Caetano) autorizzano – scrive ancora il Fondo Librario Antico – il Tesoriere (Angelo Drago) al pagamento di tarì ventiquattro al Corriere (Antonino Lo Blundo) inviato a Palermo per ordine dei Giurati stessi, per fornire al Viceré:
(Trascrizione integrale)
“…le informationi presi contro li giurati della citta di Butera per avere usurpato la giuridittioni della citta et levato li guardy della turri della falcunara et mesoci guardy loro…”
Il mandato di pagamento è stato controfirmato dal Notaio Antonio Mallia”.