Storie
Luglio è il mese degli sbarchi per Licata: nel 1553 la flotta franco – turca devastò la città
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Scritto da
Angelo Augusto
La storia si ripete sempre, anche a distanza di secoli. Il mese di luglio è, per Licata, quello in cui si sono sempre registrati gli assalti o gli sbarchi. Tutti ricordano lo sbarco Alleato del 10 luglio 1943, che di fatto pose fine alla guerra per la nostra città. Ma andando a ritroso nel tempo si registra un altro sbarco, stavolta catastrofico, per Licata: quello dell’11 luglio 1553.
La flotta franco – turca, comandata dall’ammiraglio Dragut, quel giorno diede l’assalto alla città ed anche Castel San Giacomo, definito “l’invincibile”, purtroppo venne preso.
Il Fondo Librario Antico, guidato da Angelo Mazzerbo, ieri sera ha pubblicato sulla propria pagina Facebook un’antica cronaca di quei giorni. Eccola: “Vi presentiamo – scrive il Fondo – queste trascrizioni tratte dal manoscritto “Storia di Licata” opera, secondo alcuni storici di Giovan Battista Avila, secondo altri di Anton Mario Serrovira. Il manoscritto è del diciassettesimo – diciottesimo secolo, con qualche integrazione del diciannovesimo. L’opera non è scritta dalla stessa mano ed è stata integrata in epoche diverse”.
Ecco la trascrizione integrale: “… Essendo stata saccheggiata e arsa questa Città dell’Alicata da Turchi e Francesi nell’anno 1553 si vide con maggiore espressione d’affetto la molta stima che ne fecero di lei il Re e i suoi Viceregi, la quale storia mi giova distintamente raccontare per lasciare a posteri vere notizie di questo lacrimoso successo (fatto); le quali non meno dagli Historici che dalle scritture, le quali nell’arcivo (Archivio) di questa città si conservano e da alcuni manuscritti habbiamo veridicamente raccolte.
Divenuto a discoverta ribellione il Principe di Salerno contro L’Imperatore Carlo V, s’accostò ad Henrico Re di Francia , dal quale, mandato come Ambaxatore in Costantinopoli a Solimano Imperator de Turchi, se ne ritornò in ponente con Dragutto Rays fatto Generale dell’armata Turchesca la quale unita con quella Francese era di numero 104 galere (imbarcazioni). venne questo ne mari di Sicilia mese (mise) a sacco la Città di Augusta indi passando per questa costa meridionale e stando a la vela usa traditione che Gio: Antonio Grugno Castellano avendoli diserrato una Cannonata l’havesse stimolati a volgere le prore con pensiero di mettere questa Città si come fecero a ferro, et a fuoco. per l’improvviso sbarco de nemici molti abbandonarono i propri figli non che la robba, e nella confusione istessa stimando solamente la propria salvezza se ne fuggirono per le campagne e ogni cosa lasciando alla distructione et in potere de nemici. Furono molti i quali non curandosi con le loro mogli, figli e sorelle e con le cose più preggiate (sic) e di valore che haveano in questo castello a mare speravano collo scampo, che allora fecero della vita quivi ancora la libertà retrovare ma assai diversa la cosa Successe come diremo. I nemici vedendo le porte della Città aperte e che fu tutto un profondo silenzio s’ammirassero per la causa di essere da tutti abandonata (sic), dubitarono di qualche militare strataggemma (sic), onde non vollero altrimente (sic) cose subito avventurarsi ma per buona peria (perizia) si trattennero nella Chiesa di S. Anna, hoggi rovinata la quale fu per di sotto il Castello nuovo nella strada per la quale si va al Convento de PP. (Padri) Zocculanti e Capucini (sic) finchè dal lungo silentio argumentando la fuga de cittadini entrarono con molto ardire e li diedero per otto giorni con barbara ferita universalmente il Sacco, ogni cosa depredando, incenerendo con la rovina de la fiamma tutte le scritture private e pubbliche de Arcivi (Archivi) delle Corti e de Notari profanando le Chiese e le cose sacre non perdonando ne anche a le figure sacre come si nota fino al giorno d’Hoggi (sic)la memoria di tali sacri fatti in molte pitture antiche di santi nelle mura (affreschi) et in tavola barbaramente maltrattate e paricularmente in un Crocifisso grande di legno antichissimo (CRISTO NERO) di antichissima et eccellente scultura il quale e (sic) nella matrice (CHIESA MADRE) di essa città, contro del quale perche (sic) allora era situato nell’arco maggiore della nave (navata) scoccarono molte saette de quali tre solamente si retrovarono affisse, una nella fronte l’altra NELLA COSCIA E LA TERZA VICINO AL COSTATO (queste in maiuscolo sono parole aggiunte nel XIX secolo vedi immagine 4) accostatosi poscia al Castello, dove intesero che un gran numero di gente s’era ritirata li posero le scale, non erano ancora fabricati il nuovo corpo di guardia ne li dui bastioni ne meno il (sic) Sperone dove sta l’artiglieria sperando con poca fatiga (sic) farseni (sic) signori ma n’hebbero (sic) con qualche mortalità di fuori diverse assai da quelle che speravano. La resposta poiché gl’Alicatesi valorosamente difendendosi, li costrinsero di vilmente ritirarsi, che però mettendosi le galere (imbarcazioni) in quella parte del fiume li diedero una continuata batteria con molti tiri di Cannonate, come le palle ritrovate in alcune parti della città e nel muro del Castello in quella parte che riguarda il fiume e ne medesimi luoghi lasciate quando si rinnovò (Castello) nel 1662. ci conservano per sempre la memoria e dando l’assalto cosI per questa parte di terra come ancora per quall’altra parte dove hoggi (sic) e fabricato lo Sperone, salirono sopra con tanta bravura che non senza mortalità dè Suoi, come ancora delli difensori e del Castellano istesso (sic) se ne fecero padroni…”.
“Fu il più feroce attacco – conclude il Fondo Librario Antico – subito dalla nostra città; ricordato dalle cronache del Regno non soltanto per la totale devastazione, ma soprattutto per la ferocia e per la spietatezza con cui venne colpita la popolazione licatese. L’undici Luglio del 1553 il comandante della flotta turco-francese Dragut, dopo aver saccheggiato la città di Augusta, scatenò la sua forza distruttiva sulla città di Licata. L’attacco di Dragut si compì in due fasi: al primo assalto la nostra città riuscì a resistere, ma ormai era prossima a cedere all’efferatezza della flotta nemica. Al secondo attacco, Dragut ordinò alla sua flotta di cannoneggiare il Castel San Giacomo dal mare, dalla parte ad est, proprio nei pressi della foce del fiume Salso e quasi contemporaneamente comandò alle sue truppe sbarcate a terra di penetrare all’interno del castello, scalandone le mura. La città cadde, le case furono distrutte, i conventi vennero profanati, incendiati gli archivi, le donne stuprate, furono uccisi senza nessuna pietà, soldati, vecchi e fanciulli. Il castel San Giacomo dove nel frattempo avevano trovato riparo le famiglie più nobili della città, cadde inesorabilmente nonostante l’eroismo del castellano. Seicento nostri concittadini furono fatti prigionieri e venduti come schiavi al mercato di Algeri…”.
(Foto istituto “Francesco Giorgio”